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Giornata mondiale dei prematuri

Aggiornamento: 1 mar



Nascere o se preferite “venire al mondo” (non mi piace la locuzione “venire alla luce” perché nella pancia della mamma un po’ di luce arriva e il futuro neonato la vede già). Nascere dicevo è una delle imprese più sconvolgenti della vita di un essere umano e penso anche di molti altri esseri viventi che noi conosciamo peraltro molto poco così concentrati come siamo a proclamare la nostra superiorità nel regno animale.


Nell’atto della nascita trova la sua massima espressione la tensione e il desiderio verso la vita che il neonato è chiamato ad esprimere. In quel momento il coefficiente di rischio è certamente elevato e in pochi minuti si gioca il successo o il fallimento di questo processo dove il ruolo della mamma è fondamentale, ma dove la partecipazione attiva del feto/neonato è essenziale.


Tutti noi nella pancia delle nostre mamme come tutti i neonati del mondo ci siamo allenati per la gran parte della gravidanza in vista del gran momento della nascita.


Come i pulcini di molti tipi di uccelli che nidificano in alto su scogliere o rocce scoscese provano e riprovano la tecnica del volo prima di spiccare il primo balzo nel vuoto così noi abbiamo provato e riprovato a darci tutti gli strumenti necessari per affrontare quel momento con tutte le competenze necessarie per riuscire al meglio, col massimo delle possibilità di farcela, col minimo del rischio possibile, senza essere costretti a ricorrere alle nostre energie fino a non averne più per conservarci la possibilità di respirare, muoverci, attaccarci al seno della mamma, anche piangere con vigore….insomma iniziare a vivere.


Così abbiamo flesso e steso le gambe in modo ritmico per ore (uffa ma quanti calci mi dà questo) per poter essere in grado di spingere con forza sul fondo dell’utero che si irrigidiva durante le contrazioni incanalando il nostro capo verso il morbido e pervio collo dell’utero.


Ci siamo succhiati il pollice o anche altre dita …addirittura ogni tanto anche il cordone ombelicale per essere pronti a legare con competenza il capezzolo appena nati e quindi nutrirci ma anche grazie alla produzione di ossitocina che determiniamo succhiando il seno della mamma e riducendo così nettamente le emorragie post partum.


Abbiamo deglutito il liquido amniotico per far partire il tubo digerente con annessi e connessi per essere pronti alla nuova modalità di alimentazione.


Abbiamo “respirato” lo stesso liquido amniotico facendolo arrivare fin negli alveoli polmonari così che, se riusciamo a gestire un liquido oltretutto un po’ denso, sia più facile col primo respiro introdurre ed espellere aria…così leggera…e piena di ossigeno.


Ma abbiamo fatto molto di più.


Abbiamo provato a vedere e siamo riusciti a percepire soprattutto se la mamma ha esposto la pancia alla luce il ritmo giornaliero di luce-ombra.


Abbiamo imparato ad ascoltare il ritmo rassicurante del battito del cuore della mamma, a riconoscere la sua voce e i rumori che provengono dall’interno del suo corpo e persino la voce di qualcuno che parla da fuori, la musica, i rumori ….quanta ricchezza per le prossime relazioni con la mamma e tutto il mondo.


Ma in tutto questo ogni tanto purtroppo qualcosa non va per il verso giusto.


Qualcuno dei nostri bimbi è costretto per motivi vari e diversi a interrompere prima, a volte molto prima, il suo “training”, la sua formazione sul campo, sia per quello che riguarda gli aspetti strutturali, anatomici e funzionali delle sue componenti organiche, ma anche di tutti quegli aspetti di cui si parlava sopra.


Per questi bimbi la chiamata allo sforzo estremo arriva prima, suona per loro una sveglia che non ammette repliche e spesso nessun rinvio.


Per questi bimbi l’asticella del rischio si alza e lo fa in maniera variabile a seconda di una serie di aspetti e di fattori causali.


La ricerca scientifica e l’evoluzione tecnologica di oggi ci consentono di affrontare situazioni che fino a qualche decina di anni fa non avrebbero nemmeno potute essere prese in considerazione.


I successi in ambito neonatologico anche per bambini gravemente prematuri e il miglioramento della qualità della vita di questi bambini è evidente nelle società ad alto sviluppo tecnologico ed economico ove oltre agli aspetti strettamente connessi col garantire la sopravvivenza dei neonati prematuri, si pone sempre più attenzione agli aspetti di tipo relazionale, cognitivo, percettivo, cercando di consentire a quel processo maturativo che normalmente avviene in utero, di potersi per quanto possibile realizzare anche se parzialmente dopo l’evento nascita.


La forbice nei confronti dei paesi “poveri” che rappresentano ancora e forse oggi ancor di più la maggior parte della popolazione mondiale è ancora molto aperta e i dati di incidenza della prematurità, della mortalità, della morbilità e degli esiti a distanza sono ancora terribili.


Di fatto esistono due mondi sempre più separati e sempre più distanti, dove il valore della vita delle persone è totalmente diverso.


A queste persone i governi dei paesi “ricchi” fanno arrivare poco e male con noncuranza le briciole, si lavano la coscienza con qualche donazione, ma permettono che si gettino nella spazzatura tonnellate di cibo.


Se per i nostri bimbi prematuri la nascita e la vita successiva rappresenta certamente un momento di rischio, altrove è una condanna quasi certa.


Amiamo i nostri bimbi prematuri, è la cosa di cui hanno forse più bisogno, ma amiamoli tutti nello stesso modo, come se fossero tutti nostri figli.

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